One Laptop per child

xo laptop

Durante una recente visita al museo del Massachusetts Institute of Technology abbiamo avuto la fortuna di incontrare alcuni dei realizzatori del famoso laptop XO, per intenderci, quel simpatico e gommoso mini laptop bianco e verde “con le orecchie”, disegnato ed implementato per essere a misura di bambino e per essere venduto al prezzo di 100 dollari per “esemplare” senza però essere il computer più potente del mondo.

La mission del prodotto è senza dubbio nobile. Nasce dall’ idea di Nicholas Negroponte (uno dei fondatori del MediaLab del MIT) di creare un piattaforma hardware semplice da usare, realizzata con materiali resistenti ed economici, tale da poter essere distibuita ai bambini dei paesi che più subiscono le conseguenze del “digital divide”, cyberfenomeno dalle pesanti conseguenze economiche e sociali, che rende i paesi ricchi sempre più ricchi e avanzati e quelli poveri sembre più poveri e lontani dal poter usufruire del vantaggi della globalizzazione.



La piattaforma dovrebbe rappresentare un’ interfaccia educativa tra il bambino e le enormi possibilità che la conoscenza operativa dei più comuni strumenti informatici hanno offerto e continuano ad offrire attualmente alle privilegiate società occidentali. Non solo.

La grandezza dell’idea sta nella concettualizzzione del computer come un espediente orientato all’espansione delle capacità cognitive umane attraverso una forma di apprendimento multimodale. Per realizzare un simile obiettivo è necessario offrire a questi utenti speciali – i bambini appunto- un’interfaccia applicativa e grafica che sia il più possibile chiara ed intuitiva, e nel contempo divertente, perchè il divertimento è il motore motivazionale più potente per loro (…e non solo loro!)

un laptop per un bambino

Le nostre aspettative erano molto alte, ci aspettavamo uno spazio grafico molto solido, “fisico”, “da toccare”, insomma qualcosa che pur non supportando la tecnologia “touch screen” potesse facilmente essere percepito nel suo insieme come una macchina con cui interagire in modo libero e disinvolto, “un amico che ci capisce al volo“, come il nostro compagno di banco, qualcuno che insomma “parli la nostra stessa lingua”.

La prima impressione è stata piuttosto deludente, in quanto non siamo riusciti a capire da soli la logica delle intricate metafore simboliche della facciata “home” del sistema operativo! Cerchi concentrici, icone dall’ambiguo significato metaforico, che cosa vuol dire?

Non faccio fatica a mettermi nei panni di un bambino africano di 5 anni e subito mi viene voglia di lasciare lì tutto e correre fuori a giocare con la palla!

In fondo, è una bella giornata, e l’unica cosa che mi diverte sono le buffe orecchie dell’aggeggino che ho davanti, mi viene una voglia matta di toccarle, credo che un bambino penserebbe lo stesso, mentre cercano di tenergli le mani sulla tastiera!

Dopo qualche spiegazione abbiamo cominciato ad esplorare le applicazioni ( un menù davvero ricco: un sistema di scrittura, un sistema di disegno, un sintetizzatore vocale, un sistema di gestione dei documenti multimediali e diversi giochi per acquisire nozioni di algebra, grammatica, geografia, etc..).

Il comune denominatore di tutte queste applicazioni è la possibilità di interagire con i propri compagni attraverso una rete wireless e di lavorare e giocare in coppie o in gruppi in modo sincronico nello stesso documento/ foglio di lavoro. Davvero un bell’esempio di Computer Supported Cooperative Work! E il touhpad è diviso in 2 piccole superfici attive: per permettere a 2 bambini di usare lo stesso computer, come facevamo noi da piccoli quando dimenticavamo il libro a casa!

Quando ormai ci stavamo divertendo disegnando virtualmente a quattro mani, è arrivata una mamma con una bambina di 5/6 anni.

La bambina si è seduta accanto a noi e ha aperto il il laptop che le stava di fronte. La mia curiosità era enorme: stavo per osservare un “real target child” nel momento del suo primo approccio con un sistema disegnato espressamente per lui!

Quello che è accaduto poi è stato, ancora, piuttosto deludente. La bambina muoveva il il cursore del touchpad tracciando traiettorie senza significato, la metafora del cerchio della homepage come l’elenco delle applicazioni in uso non è stata capita (come non l’avevo capita io) e dopo poco la bambina si è annoiata e andata via.

A questo punto ci siamo guardati negli occhi e ci siamo chiesti: ma cosa ci aspettavamo?

Sebbene avessimo osservato un solo, isolatissimo caso, e quindi fossimo pienamente consapevoli di non poter avanzare alcun tipo di ipotesi interpretativa, non abbiamo resistito dal porci qualche riflessione.

E voi, che cosa vi saresti aspettati?

Pensiamoci! E ci ritroviamo qui la settimana prossima per condividere le nostre idee!

Tommaso Scherini

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